Per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni. Il sogno ci dà forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci fa morire. E anche se ci abbandona, le sue ceneri rimangono sempre in fondo al cuore. Fino alla morte.
(Grifis, Berserk)

Love, Anne




Ormai la Giornata della Memoria è passata, ma lo posto ugualmente perché penso che ogni giorno dovrebbe essere quello della memoria, e naturalmente non intendo solo per quanto concerne lo sterminio nazista ma la violenza e le ingiustizie di ogni tempo e specie. Soprattutto quelli che avvengono sotto i nostri occhi ancora oggi, nel 2017.
Non voglio tuttavia parlare della Shoah, o almeno non solo. Ciò di cui voglio parlarvi oggi è di uno dei miei primi amori letteralmente parlando, ossia uno dei diari più famosi del mondo: quello di Anne Frank.
Non ricordo quanti anni avevo quando Anne entrò nella mia vita e il suo diario divenne uno dei Libri (con la maiuscola perché si parla di testi che hanno segnato la mia esistenza, in un modo o nell'altro). Facile che avessi poco meno della sua età, forse addirittura non raggiungevo i tredici anni. Facile anche che questo sia avvenuto in ambito scolastico, poiché il suo diario è uno di quei libri che si leggono obbligatoriamente parlando della seconda guerra mondiale – io ne avevo un estratto sul mio libro di Antologia.
Ricordo però che la prima volta che lo lessi, la prima di una lunghissima serie, era una vecchia edizione con la copertina in bianco e nero e le pagine un po' sgualcite, appartenuto a suo tempo a mia madre e sua sorella. Inizialmente, come credo sia logico, ne rimasi impressionata e forse ero anche troppo giovane e troppo sensibile per comprenderlo appieno. Ma ugualmente non seppi resistere alla tentazione di rileggerlo, poi una terza volta e una quarta. Periodicamente, anche oggi che ne ho una nuova edizione, finalmente integrale e so molte più cose di lei e della sua vita, devo ogni tanto riprenderlo e non è esagerato dire che lo conosco quasi a memoria.
Insomma, avrete capito che fu amore a prima vista. Ma è solo un diario, potreste obiettare: scrivere un diario segreto non fa di una persona uno scrittore. Assolutamente sì, è verissimo. Ma ricordo che restai colpita, e ancor più lo sono adesso che le sue parole contengono anche quello strascico di voce infantile, dal suo acuto modo di percepire il mondo.
Annelies Marie Frank, per tutti Anne, aveva appena tredici anni quando iniziò a scrivere le sue memorie, e la sua vita era quella di una normale tredicenne: scuola, amiche, famiglia, le prime cotte, nulla di davvero degno di nota, nulla di speciale. Anche se tutto questo si svolge ad Amsterdam, e il periodo è quello della Seconda Guerra Mondiale, il pensiero è lo stesso. Tante persone hanno vissuto quei tempi, e molte lo hanno raccontato e lo raccontano. Dunque cosa ha di speciale questo documento?
Le cose cambiano radicalmente quando la famiglia di Anne decide di nascondersi. Allora il mondo dell'adolescente crolla, e si aggrappa al suo punto fermo in un universo che le pare stia per esplodere da un momento all'altro: il suo diario, appunto.
D'accordo, nel suo racconto trovano spazio anche moltissimi aneddoti sulla vita nell'ormai famoso Alloggio Segreto, tra liti e speranza con la famiglia di amici e il dentista Pfeffer, in una convivenza spesso difficile. Ma qui Anne conosce anche e soprattutto sé stessa, esplora i cambiamenti del suo corpo e si rende conto di stare avviandosi a diventare una donna. Avendo come unico luogo di osservazione una finestra sempre oscurata riscopre la bellezza della natura, ed è consapevole lei stessa di quanto essa la lasciasse piuttosto indifferente nella sua vita da persona “libera”. Molti passi del suo diario rivelano, oltre che il suo desiderio di diventare una scrittrice, una profondità d'animo che neppure lei sapeva forse di avere, oltre che una spiccata ironia e un acuto sguardo su cose e situazioni che poteva solo immaginare. C'è ad esempio una lettera (quando scriveva immaginava di mandare una lettera ad un'amica inesistente, chiamata Kitty) nella quale Anne ragiona lungamente sulla condizione della donna nel mondo, e si domanda perché le donne non vengano considerate alla stessa altezza degli uomini. È convinta che le donne siano molto più forti per il semplice fatto di mettere al mondo dei figli, e giura a sé stessa che nella vita non vorrà essere solo una massaia, come sua madre.
Potrei citare anche altri esempi, questo è soltanto uno di quelli che ci fa capire che in Anne ci fosse una maturità diversa di quella delle sue coetanee, e che forse non esisteva e non sarebbe esplosa senza la forzata clausura. E questo afferma anche suo padre, in una delle interviste dopo la guerra, quando il diario era stato trovato e pubblicato.
Per tornare a me, naturalmente sapevo che lei non era sopravvissuta allo sterminio. Era impossibile credere il contrario: l'epilogo di quella prima edizione del resto parla chiaro, subito dopo la sua ultimissima lettera, datata 1° agosto 1944. L'intera famiglia venne denunciata (il nome del o dei traditori rimane un mistero ancora oggi), arrestata e in seguito deportata, insieme a due dei loro benefattori. Inizialmente rimasero insieme, poi vennero smistati in campi diversi, dove trovarono la morte, tutti tranne il padre, appunto. Trascorsero anni prima che venissi a conoscenza dei particolari, e così seppi che lei e sua sorella morirono a distanza di pochissime ore, entrambe di tifo. Seppi che Margot, sua sorella maggiore, era morta per prima e lei, Anne, ritrovatasi sola senza più padre né madre – e all'insaputa del fatto che quest'ultimo era ancora vivo – si lasciò morire, arrendendosi alla malattia. Tre giorni dopo il campo di Bergen Belsen veniva liberato.
A distanza di tanti anni la tristezza si impossessa di me dopo ogni lettura del diario. Leggendo le sue parole mi immedesimavo in lei, e mi sentivo vicina a lei, forse perché ritrovavo dei tratti in comune fra noi due. E me la immaginavo, osservarmi da dove si trova mentre riprendevo per l'ennesima volta il suo libro, magari felice per questo... perché alla fine qual è lo scopo di scrivere un libro, se non di farsi ricordare?
Voglio continuare a vivere dopo la mia morte, diceva Anne. Ed è indubbio che ci sia riuscita, dato che ancora dopo più di 70 anni la sua vita e le sue parole non sono state dimenticate. Naturalmente non è la sola: lei è un simbolo di quanto accaduto nel cuore dell'Europa, quella stessa Europa che ancora oggi continua a voltare la testa dall'altra parte davanti agli orrori senza fine che accadono nel mondo. Allora erano i tedeschi che guardavano altrove mentre i treni partivano diretti ai campi della morte: oggi siamo noi, che non ci curiamo di un fratello che soffre e che ci chiede aiuto.
Dunque per questo il Giorno della Memoria: per tutti gli stermini attuati da allora e prima di allora, per tutte le Anne Frank che non hanno potuto diventare adulte e realizzare i loro sogni. Per tutti i popoli che sono stati cancellati dal mondo e dalla storia, o che hanno rischiato di subire questa sorte. Perché, come dice una lapide posta su un muro di Auschwitz, solo quando a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, potremo permetterci di dimenticarli.

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