... Le donne e l'Olocausto
... Novecento
... Se questo è un uomo
... L'esorcista
Eccomi con un nuovo libro! Come nel caso di Se questo è un uomo abbiamo a che fare
con una testimonianza dell’Olocausto, questa volta resa da una donna.
L’autrice si chiama Lucille Eichengreen, nata Cecilia
Landau, ed è una donna tedesca sopravvissuta agli anni più duri della Seconda
Guerra Mondiale: inizialmente trasferita nel ghetto di Lodz insieme alla
famiglia, rimasta sola con una sorella più giovane (poi deportata e uccisa),
appena adolescente deportata a sua volta. L’ingresso ad Auschwitz, il passaggio
a Neuengamme e Bergen Belsen (come molti di voi sapranno, qui morirono Anne
Frank e sua sorella Margot), il tutto completamente sola.
Qui, come dice anche il titolo, l’autrice si concentra sul
ruolo che ebbero le donne durante gli anni dell’occupazione nazista. Non solo
ebree come lei, deportate e uccise o sopravvissute, ma anche carnefici o
semplici testimoni. Ogni capitolo racconta in poche parole la storia di queste
donne: per prima la madre Sala (morta di stenti nel ghetto), poi la sorella
Karin, poi via via amiche, conoscenti, le custodi dei campi. Erika, donna
cattolica sposata a un ebreo. Maria, giovane cattolica che di nascosto aiuta i
bambini a lasciare il Paese. Mira con il marito Max, malati di tubercolosi,
ebrei convertiti al cattolicesimo. Rebecca e Miriam, madre e figlia che
finiranno subito nelle camere a gas.
I ricordi sono spesso frammentati e la linea temporale può
apparire stravolta, ma bisogna considerare il tempo passato da quegli eventi
(Lucille ha adesso più di ottant’anni) e la naturale confusione data dalla
paura, dagli stenti, dall’incertezza del futuro.
Come tutti i sopravvissuti l’autrice insiste affinché la
memoria si mantenga viva, e perciò continua a tramandarla ai suoi figli e ha
scelto di scriverla. E come ogni testimonianza dell’Olocausto, questo libro è
un documento raro e prezioso. Consigliato? Sì.
Voto: 9
... Novecento
Questa volta parliamo di quello che a suo modo è diventato
un classico, ma che sicuramente molti di voi conosceranno (o ne avranno sentito
parlare) grazie al film che ne è stato tratto, anche se con un titolo diverso.
Il film è La leggenda del pianista sull’oceano, uscito nel 1998, diretto da
Giuseppe Tornatore e magistralmente interpretato da Tim Robbins.
Pensare che tutto è nato da un libretto di poco più di
sessanta pagine, neanche un romanzo ma un più semplice monologo per il teatro,
scritto da Alessandro Baricco e intitolato Novecento.
Chi ha visto il film (e se non lo avete visto guardatelo,
perché merita) conosce la storia, pur se ampliata e arricchita di particolari
solo intuibili dal libro. Nella sala macchine di un transatlantico, il
Virginian, agli inizi del Novecento viene trovato un bambino nato da poco. Il
macchinista decide di adottarlo e chiamarlo con il nome del neonato secolo, e
il bambino cresce sulla nave, senza mai mettere piede a terra e imparando a
suonare il pianoforte in maniera divina, senza mai avere avuto qualcuno a
insegnarglielo.
Il monologo è raccontato dal punto di vista del
trombettista della band che lavora sulla nave, cioé il personaggio di Max nella
trasposizione cinematografica. E la storia è tutta qui, molto semplice, ma la
voce di Baricco ci fa navigare davvero su quella nave, ci pare quasi di vedere
Novecento che suona scivolando sul pianoforte in mezzo ad una tempesta, oppure
di sentire le note che fa uscire dal suo strumento; non il risultato di anni di
studio, ma di puro istinto, di un talento naturale.
Non c’è molto altro da dire. A prima vista può sembrare un
libriccino insignificante, ma come tutti i grandi libri sa parlare nel profondo
a chi ha voglia di ascoltare. Decisamente consigliato.
Voto: 10
... Se questo è un uomo
Il libro di oggi non ha bisogno di presentazioni, ed era il testo perfetto da rispolverare (o cominciare) nella settimana del Giorno della Memoria.
La storia è una testimonianza vera, cruda e dolorosamente reale: Primo Levi ci illustra la sua esperienza nel lager di Auschwitz, fortunatamente catturato ormai alla fine della guerra, sostando quindi poco più di un anno. Ma nei lager un anno poteva diventare eterno, e così ci ritroviamo improvvisamente persi nel buio e nel freddo dell'inverno polacco, tra fame e duro lavoro e privazioni, ma anche la capacità di organizzarsi dei prigionieri, costretti spesso a diventare a loro volta carnefici per sopravvivere.
Nelle pagine ultime del libro, dove l'autore risponde alle domande più frequenti di chi sente per la prima volta la sua storia, Primo Levi si dice convinto che senza l'esperienza del campo "non avrebbe scritto nulla". Egli era infatti uno studioso, un chimico, e questo gli ha permesso, fra le altre cose, di uscirne vivo (anche se poi ha posto fine alla propria vita nel 1987, suicidandosi).
Che cos'altro dire? Gli scritti di Primo Levi, come quelli di tutti i sopravvissuti ultimi testimoni, non possono far altro che arricchire il nostro bagaglio di storia, risvegliando le nostre coscienze, e meritano quindi di essere presi col massimo rispetto. Consigliato? Certo.
Voto: 10
... L'esorcista
Immagino che molti di voi abbiano visto il film
L’esorcista. Giusto?
Bene, se la risposta è sì suppongo di non
dovervi spiegare di cosa parla questo libro. Ma lo farò brevemente, per chi non
lo conoscesse.
Regan ha undici anni e vive con la madre, l’attrice
Chris MacNeil. Un giorno, senza un motivo apparente quest’ultima inizia a
sentire dei colpi nella soffitta, classificandoli subito come topi. In seguito,
cose strane cominciano ad accadere: la bambina sostiene che i colpi vengano
dalla sua camera. La stanza è sempre fredda, anche se i riscaldamenti sono
accesi al massimo. Dice di sentire odori strani. I mobili si spostano da soli,
e il letto trema senza che ci sia una spiegazione logica. Regan sostiene,
inizialmente, che la colpa sia del suo amico immaginario, al quale ha dato nome
Mr. Howdie, e non comprende perché all’improvviso sembra voglia farle del male.
Allarmata da questo comportamento anomalo la
madre la porta da dottori e psichiatri, senza che si riesca a stabilire
esattamente quale sia il problema. Di più: la ragazzina, compiuti i dodici anni
diventa ingestibile, è volgare e violenta, grida e si agita, tanto che i
dottori consigliano di legarla al letto con robuste cinghie di contenzione. Gradualmente
nella mente di Chris, nonostante non sia credente, inizia a farsi strada l’ipotesi
della possessione, e così contatta un sacerdote psichiatra, padre Karras. Questi,
in crisi della sua vocazione, dopo un primo colloquio con Regan si convince che
non vi sia alcuno spirito, ma semplicemente si tratti di isteria: ma le prove
si accumulano, e così viene contattato padre Merrin, un esorcista, per dare
inizio alla liberazione.
Non mi dilungo oltre, soprattutto perché credo
chiunque abbia sentito almeno parlare di questo libro (e film), e molte delle
sue immagini sono entrate nelle scene cult dell’horror. Quanto al libro, che ho
recentemente letto, che dire?
Forse la mia visione di certe scene è stata
influenzata da quelle della pellicola, anche se sono passati molti anni dall’ultima
volta che l’ho vista. Ma ci troviamo comunque davanti ad un testo notevole: pur
se sussistono certe esagerazioni, forse, nei segni della possessione, i
personaggi sono ben scritti e ben sviluppati, e l’innocenza di Regan, nemmeno
adolescente, ci fa subito provare tenerezza per lei e dispiacere per ciò che le
accade, domandandoci fino all’ultimo se riuscirà a salvarsi. La madre appare
sì, preoccupata per la sua immagine (insiste con padre Karras affinché non
trapeli nulla) ma, piena di sensi di colpa per il divorzio e le apparenti
mancanze verso la figlia, ha un’evoluzione positiva e di consapevolezza lungo
la storia. Intorno a questi personaggi principali ruotano i due domestici di
casa, la coppia tedesca formata da Karl e Willie, e Sharon, la baby
sitter/istitutrice di Regan. Abbiamo il regista e amico di Chris, Burke
Dennings, che a dir la verità risulta più importante da morto che da vivo. Abbiamo
Kinderman, il poliziotto che si occupa della morte di quest’ultimo. E infine la
contrapposizione tra i due sacerdoti, Karras, giovane, pieno di dubbi, e
Merrin, anziano, esperto, incrollabile nella sua fede. Il risultato è un libro
che si legge senza sforzo, e che, come afferma Edoardo Nesi sul retro, permette
di “trovarsi a tu per tu con il Male”. In effetti, qualunque altro commento
potrebbe essere superfluo.
In definitiva, se non siete eccessivamente
suggestionabili e siete amanti dell’horror, lo consiglio vivamente.
Voto: 9
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